Pozzuoli, come è noto, dovrà scegliere il nuovo sindaco con il ballottaggio di domenica 26 giugno, tra i candidati Luigi Manzoni e Paolo Ismeno, poiché nessuno ha ottenuto il 50% + 1 dei voti al primo turno. E’ stata una delle campagne elettorali più divisive della storia di Pozzuoli. Una divisione avvenuta non sui programmi, fatto che sarebbe anche auspicabile in democrazia, ma sull’appartenenza ai due principali schieramenti dalle connotazioni politiche sovrapponibili e trasversali. I contenuti, se c’erano, non sono emersi. A parte una generale rivendicazione di “continuità” della coalizione che sostiene Paolo Ismeno, e la bandiera del “noi” invocata dalla coalizione che sostiene Luigi Manzoni. Non basta. Non è bastato evidentemente ai 27.903 elettori aventi diritto che non sono andati a votare, portando l’astensione al 41%, percentuale alta per un’elezione comunale e che quasi sicuramente sarà ancora più alta al secondo turno, in assenza di vincoli e legami personali con i singoli candidati consiglieri.
Rione Terra, Polo culturale Toledo/Villa Avellino, waterfront, innovazione della macchina comunale, turismo e lavoro, beni culturali e naturalistici, concessioni di spiagge e delle aree portuali, pesca, commercio, risanamento ambientale, trasporti, vivibilità del centro e delle periferie, spazi e politiche sociali, patrimonio immobiliare abitativo pubblico. Non saranno i pochi giorni che restano a colmare questo gap di discussione e di confronto, che viene da lontano e ha cause complesse.
Con queste premesse, ci sono due rischi, chiunque tra i due candidati vincerà le elezioni e diverrà sindaco del maggiore Comune dei Campi Flegrei.
1) Una tendenza in Consiglio Comunale a scomporre e ricomporre alleanze, con un confine molto labile tra maggioranza e opposizione nel corso della consiliatura. E’ già successo regolarmente negli anni passati, succede anche in altri Comuni. Potrà ripetersi a Pozzuoli con maggiore facilità all’esito di una competizione ricca di collocazioni dettate da “avversioni ad personam” o da valutazioni mutevoli come lo scorrere del tempo.
2) Una chiusura a riccio da parte di Sindaco e Giunta nella gestione diretta della cosa pubblica e sulle grandi scelte di indirizzo per lo sviluppo del territorio.
Ci auguriamo di sbagliare su entrambe le ipotesi. Ma riteniamo che la prima cosa che dovrà fare “l’amministrazione che verrà” sarà costruire canali di ascolto con la cittadinanza. Come metodo necessario che accompagni le decisioni. Ripristinando, ad esempio, la pratica del confronto con le organizzazioni di categoria e le comunità di quartiere. E istituendo i numerosi organi di partecipazione, che durante l’ultima consiliatura sono rimasti lettera morta (come le consulte, i forum e gli osservatori sulle pari opportunità, sulla legalità, sulla cultura, sulla pesca, sul lavoro nero, sui giovani), ponendoli nelle condizioni di operare come valore aggiunto di impegno civico e sociale. Soprattutto in un periodo storico e in un territorio dove i partiti politici, intesi come “soggetti vivi”, non esistono più o sono usciti da queste elezioni ancora più dilaniati e delegittimati.