Il film si struttura in quattro parti, quattro storie. Sebbene il titolo lo lascia ad intendere, la pellicola parla solo marginalmente delle vicende che ruotarono intorno al caso di eutanasia di Eluana Englaro. La vicenda di questa, infatti, funge solamente da contesto per le quattro storie che, nel bene o nel male, ruotano intorno ad un unico tema: scegliere, o meglio, poter scegliere autonomamente, tra la vita e la morte. L’unica storia che più si avvicina a quella del caso Englaro, è quella di Uliano Beffardi, un senatore del PdL che decide di schierarsi contro le decisioni e la maggioranza del Partito sulla questione dell’eutanasia. A rendere la sua vita ancora più difficile è, poi, il rapporto con la figlia che, dopo la morte della madre, diventa un’attivista sociopolitica. Anche la storia di Roberto è indirettamente collegata alla vicenda di Eluana Englaro. Dopo aver accompagnato il fratello ad Udine per manifestare a favore dell’interruzione del trattamento medico obbligato di Eluana, si innamora di Maria, un’altra attivista ma del versante opposto, e cioè quello cattolico e quindi non a favore dell’eutanasia. La terza storia vede come protagonista Rossa, una eroinomane che si abbandona alla vita nonostante il conforto e le cure del proprio medico. La quarta storia, infine, si materializza intorno alle vicende di una famiglia distrutta dal coma della figlia. La madre, ritiratasi dal mondo dello spettacolo, decide di dare un drastico cambio alla sua vita percorrendo un cammino di devozione e preghiera, nonostante così facendo, vedrà però perdere l’altro figlio e il marito.
Di sicuro un mostro sacro nello scenario cinematografico italiano, Bellocchio, non è nuovo dal trattare temi di attualità, talvolta così delicati e sottili da scaturire non poche polemiche e divergenze. Nonostante ciò, la sua maestria, forgiata dai maestri del neorealismo, rende unici e per niente pseudopolitici i suoi film.
Trattare un tema come l’eutanasia è sempre delicato, persino per un maestro come Bellocchio. Sebbene le numerose polemiche sul tema trattato, il film riceve molte nominations e premi. Ma questa pellicola è soprattutto ricordata per la vicenda che vide come protagonista lo stesso Bellocchio qualche anno fa. Presentato al festival del cinema di Venezia il film non ebbe il successo meritato secondo lo stesso regista Bellocchio che attaccò duramente la giuria del festival, giudicata incapace di privilegiare un opera nostrana a favore, invece, di un’opera straniera. Nonostante ciò la pellicola piace al pubblico riscuotendo un discreto successo. Come d’altronde è giusto che sia così visto che parliamo un film d’autore e non stiamo certo parlando di Tarantino o Fellini.
Il cast è perfetto. Hupbert incantevole nei panni della moglie che cerca in tutti modi di riavere suo figlio in coma. Toni Servillo, meno istrionico del solito, ma comunque eccellente. Luci sonoro e musica, ovviamente, perfetti.
Per niente buonista o demagogico, il film del regista di Gubbio è un affresco su uno dei casi più controversi ed ancora oggi discutibili. Un film che fa riflettere, ma che in fin dei conti non si mantiene parziale e dice la sua.