E’ da ieri sera che la paura e la preoccupazione si sono diffuse a Pozzuoli e dintorni, a seguito del ricovero di due pazienti che accusavano dolori addominali e febbre alta, residenti a Giugliano ed originari probabilmente del Burkina Faso. Ovviamente questi sintomi possono essere riconducibili a diverse patologie, ma sono scattate misure precauzionali, previste dal Protocollo internazionale, tra cui la mezza in sicurezza del reparto maschile del Pronto soccorso di Pozzuoli, mentre l’uomo è stato trasferito al Cotugno di Napoli, specializzato in malattie infettive, per i dovuti accertamenti. In mattinata il servizio di pronto soccorso a Pozzuoli dell’Ospedale S. Maria delle Grazie è tornato regolare.
Al fine di evitare qualsiasi allarme o panico ingiustificato, è fondamentale attenersi solo a comunicati ufficiali o a dichiarazioni da parte delle autorità sanitarie competenti. E’ notizia di poche ore fa, diffusa dall’Ansa, che il direttore sanitario dell’Ospedale di Pozzuoli, Eugenio Amato, ha così precisato: “non siamo stati allertati per una profilassi specifica della nostra struttura e questo esclude che si tratti di ebola”. Da quanto riportato da ilmattino.it una nota firmata dal Prof. Faella, direttore del dipartimento di emergenza del Cotugno, chiarisce che i pazienti (di 45 e 13 anni) sono stati ricoverati nella struttura di Napoli con diagnosi di malaria accertata.
E intorno alle 13.00 di domenica arrivano anche le rassicurazioni istituzionali. Queste le parole del Sindaco di Pozzuoli Vincenzo Figliolia: “Stiamo monitorando la delicata situazione dall’alba e voglio rassicurare la popolazione, evitando ulteriori psicosi di massa. Ho parlato con il prefetto di Napoli e con i vertici dell’ospedale Cotugno e non c’è alcun presunto caso di Ebola ma si tratta di malaria”
E’ bene informare, inoltre, che l’ebola, febbre emorragica la cui evoluzione avviene in tempi molto brevi, non si trasmette per via aerea, ma per contatto interumano diretto con organi, sangue e altri fluidi biologici (es saliva, urina, vomito) di soggetti infetti (vivi o morti) e indiretto con ambienti contaminati da tali fluidi. La trasmissione per via sessuale può verificarsi fino a 7 settimane dopo la guarigione a causa della prolungata permanenza del virus nello sperma.