VISITATORI AL PERCORSO ARCHEOLOGICO SOTTERRANEO DI PUTEOLI (FOTO DI ENZO TAFUTO)
Sono passati così tanti anni dall’evacuazione del Rione Terra che è comprensibile, quando si parla della valorizzazione di questo patrimonio, l’alto tasso di dubbio e sfiducia tra i cittadini. Ma occorre lucidità, e alla luce dei fatti il 2016 può essere davvero l’anno della svolta, purché ognuno faccia la sua parte. La novità è che nell’autunno del prossimo anno il Consorzio di ditte che esegue i lavori dovrebbe consegnare, finalmente, la parte del Rione ormai completata (circa il 60 per cento degli immobili e l’intero percorso archeologico sotterraneo) al Comune di Pozzuoli, che ne è il proprietario. Ciò impone all’Ente locale di farsi “trovare pronto” e, nello specifico, di predisporre un bando di gara per l’assegnazione rivolto a quei gruppi imprenditoriali interessati alla gestione e alla messa a reddito. E’ un cambio di prospettiva totale: il cancello di ingresso finalmente aperto, il confine del cantiere arretrato, il Duomo/Tempio di Augusto accessibile tutti i giorni della settimana. Questo, solo per cominciare. Poi ci sono gli scavi archeologici che a breve riapriranno in via sperimentale durante i fine settimana. E’ un momento storico che impone all’amministrazione e a ogni componente di Giunta e Consiglio comunale di assumersi le proprie responsabilità e dimostrarsi all’altezza della situazione. Chi ha idee le metta in campo, chi non ne ha si faccia da parte o cerchi almeno di non intralciare il percorso intrapreso.
“Ora o mai più”, ha ripetuto il Sindaco di Pozzuoli nel corso del Convegno tenuto l’8 settembre sorso alla Cattedrale, ed è un’espressione che, da cittadini, ci sentiamo di sostenere e condividere, arricchendola con alcune osservazioni, già espresse da parte nostra in quella stessa occasione.
Riguardo al futuro del Rione Terra, pensiamo che la prima domanda da farsi sia “cosa è più utile per la città di Pozzuoli e per il territorio dei Campi Flegrei?”
1) Innanzitutto le cose “vanno fatte bene, ma anche presto”. Certo, esistono complessità giuridiche e gestionali, ma la pubblicazione del bando deve rispettare la scadenza del 2016. Guai a rinviare la partita della destinazione d’uso al giorno in cui i lavori saranno completati, in un futuro imprecisato. La città ha bisogno di segnali, dopo 45 anni dallo sgombero del ’70 e 22 anni dall’inizio dei lavori, costati già circa 100 milioni di euro. Oggi le Istituzioni cittadine possono dare un indirizzo a questo processo nell’interesse generale. In un futuro non troppo lontano per vedere il Rione Terra riutilizzato in qualche modo potremmo dover accontentarci di soluzioni molto più drastiche, in favore dei privati.
2) Sul nostro territorio esiste un’emergenza lavoro. Inutile girarci intorno. Per questo vanno favorite, nel percorso di messa a reddito e nella valutazione dei modelli di gestione, quelle soluzioni che offrono un posto di lavoro in più rispetto ad altre. Senza ipocrisia. Posti di lavoro contrattualizzati e regolari, in una città che vive da troppi anni nella palude del lavoro nero e che ha bisogno di un salto di qualità anche nel campo delle attività ricettive. E non parliamo solo delle assunzioni dirette, ma anche e soprattutto di quelle opportunità legate all’indotto (visite guidate, operatori turistici, artigianato di qualità, lavoratori delle arti e della cultura) che può partire dal Rione Terra per abbracciare tutti i siti storici e naturalistici dei Campi Flegrei.
3) Pozzuoli e i Campi Flegrei auspicano il turismo. Tutti d’accordo. Ma di che tipo? Sarebbe miope e controproducente non puntare sul vero valore aggiunto della nostra terra, che è rappresentato dalla sua storia e dalla sua cultura. Il modello di Rione Terra funzionale al turismo di qualità, l’unico compatibile con le caratteristiche urbanistiche e morfologiche del territorio, è un luogo vivo, accessibile, non anonimo, che lasci tracce visive del suo passato e che valorizzi al massimo la presenza, già prevista, di spazi pubblici come il Museo civico, quello diocesiano, l’auditorium e le botteghe artigiane. Riteniamo che l’amministrazione comunale, nella persona dell’assessorato della Cultura, debba aprire un confronto in città con il mondo della scuola, delle professioni, dell’associazionismo per discutere di questi aspetti. A cosa vogliamo dedicare questo museo civico? Al fenomeno del bradisismo? Alle tradizioni marinaresche? Alla storia degli insediamenti e della cultura del lavoro operaio? Sono ipotesi, che vanno approfondite e arricchite, parallelamente alla redazione del bando di gara che assegnerà la gran parte degli immobili destinati invece a posti letto e strutture alberghiere. La “città della cultura” e la “città dell’accoglienza” devono camminare insieme. Anzi, devono essere la stessa cosa, e il Rione Terra non può essere concepito in modo disgiunto dal resto del tessuto urbano circostante, fatto di centro storico, porto, palazzo Toledo, lungomare, piazze riqualificate e monumenti.
Per troppi anni il Rione è stato un immobile estraneo, fermo, una gallina dalle uova d’oro. Da qualche anno è tornato ad essere luogo di memoria e di identità collettiva. In futuro potrebbe diventare occasione di sviluppo e concreto benessere. Cominciamo a capire chi, tra la comunità puteolana, vuole questo e chi ha ancora le idee un pò confuse ed è rimasto indietro. Ma poi, proviamo a fare tutti un salto in avanti.