FOTO DI STEFANO IOFFREDO ED ENZO TAFUTO
L’associazione En Art ci sorprende ancora con il suo ultimo lavoro teatrale, Io, sono invincibile, – tratto dall’opera Caligola di Albert Camus – rappresentata nel fine settimana tra il 12 e il 14 Febbraio 2016 al Nuovo Teatro Sanità di Napoli.
Nonostante i precedenti lavori ci abbiano già emozionato per il talento di questi giovani attori, l’ultimo è un lavoro diverso, un lavoro da cui traspare maturità e progressiva evoluzione artistica della compagnia. A salire sul palco questa volta sono stati: Alessandro Errico, Pako Ioffredo, Demi Licata, Arturo Muselli e Francesco Nappi.
Con arguzia e intraprendenza, è stato “rispolverato” un classico del Teatro del Novecento e rielaborato secondo i dettami della nostra complessa e intricata contemporaneità. Classicismo e modernità sono titani della nostra storia che si scontrano nel lavoro teatrale di Pako Ioffredo; tuttavia essi convergono in analogie che ricordano i famosi corsi e ricorsi storici di Giambattista Vico.
L’imperatore romano Caligola, noto per il suo crudele individualismo, è interpretato dallo stesso regista Ioffredo. Egli mette costantemente in luce i paradossi della società e dell’umanità. Io, sono invincibile è un’opera esistenzialista dedicata all’uomo, vittima dell’eterna lotta tra bene e male, molto spesso indistinguibili; ma è anche una minuziosa descrizione delle dinamiche collettive; dell’egocentrismo che si esaspera in deliri di onnipotenza e nella lotta per l’ascesa al potere; il tutto è rappresentato però con un approccio quasi postmodernista, calcando la mano su meccanismi che ben conosciamo come la ricerca compulsiva di un consenso mediatico e l’apparenza ingannevole della pubblicità — persuasori occulti — che cerca di plagiare la massa passiva e ignorante, affamata di sicurezze fasulle.
Sulla scena si alternano personaggi che incarnano l’assurdo, attraverso sentimenti, passioni, dialoghi concitati; Caligola serba in sé la maggior parte delle contraddizioni umane: la sensibilità, la tenerezza, il sentimentalismo esasperato, l’amore per l’arte e la ricerca di senso che si annichiliscono di fronte alla morte e al dolore e diventano crudeltà, individualismo, egocentrismo; principi, questi, che non seguono le regole dell’ethos, né di una giustizia universale.
Caligola, assetato di sangue e libertà, è quasi simbolo di una volontà di potenza di stampo nietzscheano che si concreta in delirio, in distruzione portata avanti con la stessa sensibilità che l’aveva mosso verso il bene. Il personaggio oscilla nevroticamente tra momenti di grande fragilità e momenti di grottesca onnipotenza e lo scenario è frammentario e confusionario, così come le vicende umane. All’assassinio di Caligola — rappresentato parallelamente a scene di cruda cronaca attuale — non seguono eventi positivi, bensì la pesante eredità di una violenza che da sempre pervade la società.
ARTICOLO DI FRANCESCA MARANO