(Nella foto: manifestazione a Napoli 16 novembre 2013, foto di Paolo Visone)
Oggi è l’anniversario dell’approvazione della legge del 6 febbraio 2014 n. 6; quella sulla cosiddetta bonifica della “Terra dei Fuochi”. Una legge importante, approvata dall’allora governo Letta, che provvedeva a rispondere, seppure in modo parziale, ad una grande mobilitazione popolare, nei territori pugliese e soprattutto campano, avvenuta nei mesi precedenti. Fiaccolate, marce, assemblee si moltiplicarono per reagire al triste fenomeno dei roghi inquinanti, dell’illecito smaltimento dei rifiuti gestito dalle organizzazioni malavitose. Crimini che hanno dilaniato vaste terre dell’agro casertano e napoletano, sottovalutati anche dalla inconsapevole inerzia della popolazione. Con la diffusione delle conoscenze e dell’incremento delle patologie tumorali, si è assistita ad una vera e propria riappropriazione del territorio e della salute, che culminarono nella marcia del 16 novembre sotto lo slogan #stopbiocidio. Si sviluppò, insomma, quel fiume in piena che sollecitò il governo alla stesura di una legge ad hoc.
Ecco cosa prevede la legge, tuttora in vigore: l’introduzione del reato di combustione di rifiuti depositati in aree non destinate a discarica con una condanna da due a cinque anni di carcere che può essere aggravata se ad appiccare il rogo sono aziende e non individui; lo stanziamento di 50 milioni all’anno tra il 2014 e il 2015 per lo screening sanitario gratuito degli abitanti di Campania e Puglia; conferimenti di poteri speciali al prefetto di Napoli e mappatura delle aree agricole inquinate; uso dell’esercito per il sequestro e la bonifica di terreni sequestrati alle ecomafie.
Ad oggi, a tre anni, cosa è stato fatto? Il capitolo bonifiche brancola nel buio. Ed è soprattutto con riferimento allo screening sanitario che le responsabilità istituzionali, amministrative e dirigenziali, emergono pesanti, come denunciato più volte dai comitati per la salute, tra cui l‘Osservatorio per la tutela della salute e dell’ambiente flegreo. Con grave ritardo, solo con il decreto 38 del 1° giugno 2016, la Regione Campania prevedeva l’organizzazione del programma regionale per l’attuazione delle misure sanitarie disposte dalla legge. Il 28 novembre 2016 è stato finalmente pubblicato sul BURC il decreto con la ripartizione dei fondi, per cui oggi sappiamo, ad esempio, che l’Asl Napoli 2 Nord, nel cui ambito rientrano i Comuni flegrei, dispone di 6 milioni di euro. Soldi preziosi, che dovrebbero finanziare la campagna di screening nella popolazione generale riguardo le patologie oncologiche più frequenti.
Necessario, più che mai, non abbassare la guardia e sollecitare una pronta organizzazione. Sulla salute non c’è da temporeggiare e le campagne di prevenzione della popolazione sono ad oggi un presidio fondamentale per garantire il diritto alla salute. Soprattutto, c’è da chiedersi che fine ha fatto quel movimento di coscienze che tre anni fa scosse in modo dignitoso i territori della Campania. Sarebbe un grave errore per tutti, infatti, relegare il grido #stopbiocidio a fenomeno occasionale, figlio di episodiche campagne mediatiche.