Sin dai primi giorni di questo mese, un’ondata di proteste ha invaso l’Argentina a causa della sentenza “Dos por Uno” (2×1), emanata il 3 maggio scorso dalla Corte Suprema, la quale riprendendo una norma già in vigore dal 1994 al 2001 ha stabilito, in caso di detenzione preventiva superiore a due anni, che la durata della pena dell’imputato venisse conteggiata facendo valere ogni giorno due – da qui “2×1”. Tale sentenza, ponendo sullo stesso piano crimini di lesa umanità e reati comuni, permetterebbe la riduzione della pena e il rilascio di alcuni tra i militari e i funzionari politici responsabili degli atroci crimini commessi durante la dittatura del generale Jorge Rafael Videla, deceduto in carcere nel 2013.
RISPOSTA DI POPOLO – La reazione del popolo è stata immediata e travolgente: decine di migliaia di argentini hanno inondato le piazze al grido di “Nunca màs” (“mai più”). Particolarmente sentita la manifestazione in Plaza de Mayo del 10 maggio, indetta dai sindacati e dalle associazioni per i diritti umani, tra cui Las Abuelas de Plaza de Mayo (Le Nonne di Plaza de Mayo). “Signori giudici: mai più. Nessun genocida libero”. Così recitano gli striscioni che invadono la piazza, slogan di discorsi accorati che denunciano l’involuzione politica che l’approvazione della sentenza rappresenterebbe: “Non vogliamo convivere con i peggiori assassini della storia del nostro Paese e non vogliamo che ci convivano i nostri figli, i nostri nipoti, le nuove generazioni. Non vogliamo vederli camminare a piede libero per le strade del nostro Paese!”.
LA FERITA DELLA DITTATURA – La sentenza emanata dalla Corte Suprema tocca corde sensibilissime della memoria dei cittadini argentini. Riaffiorano i fantasmi della cosiddetta “guerra sucia” (“guerra sporca”), ovvero la violenta repressione del dissenso – che ebbe il suo periodo culminante tra il ’76 e il ’79 – pianificata dal Processo di Riorganizzazione Nazionale di Videla e attuata da militari e forze armate attraverso incarcerazioni, torture, omicidi e sequestri. È proprio in memoria dei “desaparecidos” (“scomparsi”) che nascono associazioni come Las Abuelas de Plaza de Mayo, che perseverano nella lotta per la giustizia e la verità a proposito della tragedia di circa 30.000 persone sequestrate e fatte letteralmente sparire: imprigionati senza alcun processo, torturati e uccisi, il più delle volte bendati e lanciati da aerei nel Rio de la Plata o nell’Oceano Atlantico nei cosiddetti “voli della morte”. Solo a partire dalla fine della dittatura si iniziò gradualmente a scoprire quale era stata la loro sorte. Il dramma dei desaparecidos possiede inoltre un ulteriore aspetto che ne accentua l’attualità, ovvero la questione dei bambini rubati alle madri sequestrate e venduti o affidati segretamente ad altre famiglie; si stima che i casi siano stati circa cinquecento. Le indagini in corso continuano tuttora a rivelare le vere identità di numerosi bambini rubati e ormai adulti; a tal proposito, la sensibilizzazione e la pressione di organizzazioni per i diritti umani ed associazioni come Las Abuelas de Plaza de Mayo – le quali sono appunto alla ricerca dei propri nipoti – svolgono un ruolo fondamentale. È evidente che il contesto sociale e politico argentino, in cui la dittatura di Videla rappresenta una ferita ancora aperta per il popolo, rende ancor più inopportuna una sentenza che già di per sé rappresenterebbe un’involuzione politica per un Paese che si vede costretto tuttora a fare i conti con una storia costellata di crimini e violazioni dei diritti umani, oltre che un insulto alla memoria di chi ha pagato con la vita il prezzo delle proprie idee.
LA CONDANNA STORICA E POLITICA – È altresì opportuno ricordare che la situazione contingente relativa alla questione della sentenza Dos por Uno non rappresenta affatto il primo caso in cui gli argentini hanno dovuto battersi per ricordare la gravità degli errori del passato. Dall’86 al ’90, infatti, in seguito all’emanazione della “legge di punto finale” e della “legge di obbedienza dovuta” – che di fatto sollevavano i militari dalla responsabilità dei crimini commessi – e all’indulto concesso dall’allora presidente Menem ad alcuni militari golpisti, il popolo argentino ha più volte ribadito con forza la propria indignazione. Nel 2003, le cosiddette leggi di impunità di cui sopra furono dichiarate nulle dal Congresso Nazionale ed incostituzionali dalla Corte Suprema di Giustizia nel 2005. Sono proprio gli anni duemila che vedono la vittoria sul passato, con azioni giudziarie e legali, incoraggiate dai governi dei Kirchner contro i carnefici di quegli anni oscuri. Per quanto riguarda l’attuale sentenza del 2×1, la Camera dei Deputati ha approvato, in seguito alle proteste, un’iniziativa che bloccherebbe l’applicazione della sentenza; spetta ora al Senato esprimersi a riguardo.
UN POPOLO VIGILE, LEZIONE PER IL MONDO – Se la memoria storica è stata osteggiata,a fasi alterne, dalle istituzioni argentine, è doveroso riflettere su come la scia di sangue che attraversa la storia dell’Argentina abbia invece plasmato un popolo attento e vigile, dotato di una coscienza politica e di una capacità di aggregazione forti, tali da sviluppare un senso comune in grado di far emergere tutta la caparbietà e la forza necessarie ad una lotta incessante in difesa della giustizia e della democrazia. In tal senso, la storia argentina fornisce un prezioso insegnamento su come sia possibile reprimere i dissidenti, ma impossibile reprimere il dissenso.