A chi conviene una nuova emergenza rifiuti?

Salvini ha parlato, i tg anche, chi è al Governo ne ha dovuto discutere. Dopo quasi 10 anni di “tregua”, durante i quali sono stati davvero in pochi a preoccuparsi, in modo sincero e corretto, della tenuta del ciclo dei rifiuti, il tema riproposto è sempre lo stesso: gli inceneritori. “Uno per ogni provincia della Campania” ha sparato senza senso e senza sapere di cosa stesse parlando il Ministro degli Interni; lo stesso ministro rimasto muto come un pesce di fronte ai ripetuti incendi dolosi, che dall’ultima estate hanno colpito 7 impianti di smaltimento o di stoccaggio. Un silenzio vigliacco, allora, rotto con un blitz improvviso e fuori contesto nei giorni scorsi. Subito dopo, la televisione di Stato “scopre” che la terra dei fuochi esiste ancora, mette in relazione il bisogno “di fare qualcosa”, invocato dagli incolpevoli cittadini intervistati, ai roghi tossici, facendo credere che l’origine di questi ultimi sia l’esasperazione di gente comune anziché gli interessi malavitosi, e omettendo la tempistica “telecomandata” di questi episodi.

Ma qual è l’obiettivo di questo assedio mediatico? E chi vuole trarre vantaggio da una nuova crisi rifiuti, anche semplicemente minacciata? Si parli chiaro, perché chi ha passato quasi 10 anni della sua vita “ostaggio della monnezza” (da tutti i punti di vista, compreso quello sociale e politico), non ha alcuna intenzione di farsi prendere in giro di nuovo.

UNA VISIONE DI INSIEME – Si definisce “emergenza” qualcosa di improvviso e straordinario, altra cosa sono le criticità strutturali. Che in Campania la questione rifiuti non sia stata del tutto risolta è vero. Soprattutto a Napoli. La città che in questi anni ha goduto di turismo e di “nuova immagine”, mantiene un livello di raccolta differenziata troppo bassa, il 38%. Ma la media della Regione è oltre il 50%, più di alcune regioni del Nord, e in molti territori (quelle stesse aree dove secondo Salvini dovrebbero sorgere nuovi impianti di combustione), la percentuale supera il 70%. Sempre in Campania, si calcola che vengano prodotti un milione e trecentomila tonnellate di rifiuti indifferenziati l’anno. Troppi, per negligenza dei cittadini o incapacità amministrative. Di questi vengono bruciati ad Acerra circa 725 mila. Un’altra buona parte, oltre 300 mila tonnellate, vanno fuori Regione. E per il resto si trovano soluzioni tampone. Insomma, se qualcuno crede che dal 2009 ad oggi i cumuli di monnezza siano scomparsi dalla strada per magia, si sbaglia. A Taverna del Re ci sono sempre cinque milioni e mezzo di balle stoccate. Il problema dunque esiste e va affrontato, ma senza seguire l’impostazione di Salvini. Va ottimizzata, in primo luogo, la raccolta differenziata e, soprattutto, alla differenziazione deve seguire il riciclo, che è un passaggio successivo e diverso. Occorre intervenire sul numero di impianti, ma a partire da quelli per il trattamento dei rifiuti speciali, senza i quali rischia di finire tutto sotto terra, e da quelli di compostaggio, capaci di trasformare la frazione umida in feritilizzanti. Oggi molti Comuni sono costretti a spedire lontano gran parte dei rifiuti differenziati, di tutti i tipi, vanificando anche dal punto di vista del risparmio economico buona parte degli sforzi dei cittadini. E’ il caso di Pozzuoli, che dopo lo stop dell’impianto Ricicla di via Monte Barbaro, da qualche giorno si vede costretto a conferire i rifiuti differenziati di multimateriale pesante (vetro, plastica e alluminio) a Sermoneta, in provincia di Latina.

Per quanto riguarda gli inceneritori, ammesso che si rivelino necessari – dopo un’analisi condotta in modo corretto e senza pressioni di lobby e cosche malavitose – per completare il ciclo dei rifiuti, va ricordato che il Mondo più avanzato sembra andare in un’altra direzione. In Usa e in Germania si fanno strada da tempo alternative come il trattamento Bio-Meccanico, che separa la frazione organica dagli altri materiali resi inerti. Mentre l’Unione Europea punta nel suo insieme all’obiettivo dell’80% di differenziata entro il 2030 e “all’economia circolare dei rifiuti”, quella che, privilegiando recupero dei materiali e innovazione, ha bisogno di molti impianti di riciclo e di pochi inceneritori.

Insomma, troppe cose e troppe voci stonano in questa nuova, paventata, crisi dei rifiuti, che per la prima volta viene anticipata da politici e mezzi di informazione rispetto al reale impatto sulle città. Anche quel movimento di cittadini che assunse la bandiera della tutela ambientale e della salute, gridando “stop biocidio” e denunciando il traffico dei rifiuti tossici, dovrebbe riaprire gli occhi, riprendere quel lavoro di coscienza diffusa e di informazione, e rifiutare etichette minoritarie e strumentalizzazioni delle parti politiche che fingono lo scontro, ma condividono molte responsabilità.

Scritto da Dario Chiocca


Classe '78, è tra i fondatori de L'Iniziativa, di cui è presidente. Puteolano, è cresciuto nel quartiere di Monterusciello, dove risiede. Laureato in Giurisprudenza, impegnato da sempre sulle questioni sociali, anche nei movimenti studenteschi e nelle organizzazioni sindacali, dal 2010 è avvocato presso il Foro di Napoli e svolge la sua attività professionale nel campo nel diritto civile e del lavoro. In ambito di normativa del lavoro, si occupa inoltre di formazione.