Si apriranno il prossimo 22 ottobre, presso gli uffici del Ministro degli Affari Regionali Francesco Boccia, i negoziati tra il Governo e le Regioni che hanno avviato l’iter sull’autonomia differenziata. Ad annunciarlo dai social, questa mattina, è lo stesso Ministro, che ha dichiarato che l’autonomia passerà “attraverso la valorizzazione e la responsabilizzazione delle città”.
Ma che cosa è l’autonomia differenziata e da dove trae origine? Sono trascorsi poco meno di venti anni da quando la Riforma del Titolo V, nel 2001, con il terzo comma dell’art. 116, ha aperto la strada a questo processo. Le “Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia”, chieste nel 2017, a seguito di un referendum consultivo, dal Veneto e dalla Lombardia, poi dall’Emilia Romagna, e siglate nel 2018 con un accordo preliminare col governo Gentiloni, prevedono un’autonomia nella gestione delle proprie risorse, in particolare di quelle finanziarie derivanti dalle imposte locali. Ad avviare le trattative anche la Campania seguita dal Lazio, Liguria, Marche, Piemonte, Toscana e Umbria.
IN CAMPANIA – Il Presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, pur avendo definito il Regionalismo “un rischio per l’Italia”, auspica che “sia attuato con equilibrio ed equità” e in una lettera inviata al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, lo scorso febbraio, dichiara che la Campania “considera sacro e inviolabile il principio della unità e della solidarietà nazionale; considera irrinunciabile l’obiettivo politico, storico e ideale del superamento del divario Nord-Sud; accetta pienamente la sfida dell’efficienza e del rigore amministrativo ed è impegnata a combattere ogni realtà di disamministrazione, di spreco e di incapacità amministrativa, di clientela e lamentazione presente in qualche area del Sud”. Gli ambiti per i quali la Campania ha chiesto l’autonomia sono: tutela e sicurezza lavoro, istruzione tecnica e professionale, internazionalizzazione imprese e commercio con l’estero, ricerca e innovazione; governo del territorio, ambiente, infrastrutture e lavori pubblici, tutela salute; agricoltura, fauna e acquacoltura, beni culturali, spettacolo e sport, giustizia di pace, partecipazione a formazione e attuazione diritto Ue, coordinamento finanza pubblica e tributi.
GLI EFFETTI IN AMBITO SANITARIO, LE REAZIONI DELLE PROFESSIONI – Le spinte autonomiste, se attuate, porterebbero ad una più profonda ed insanabile frattura tra le regioni italiane, nelle quali sono già presenti, secondo l’OSCE, 21 differenti sistemi sanitari, con altrettanto differenti offerte sanitarie, paventando il rischio di disgregazione del nostro Sistema Sanitario Nazionale. Ma il “ Popolo della Sanità” ( cit. Ivan Cavicchi) non ci sta. Si riunisce a Roma, nel Teatro Argentina, il 23 febbraio 2019 in una prima, storica Assemblea congiunta tra gli ordini delle professioni sanitarie: medici, infermieri, tecnici sanitari di radiologia medica, psicologi, farmacisti, biologi, veterinari, ostetrici, chimici e fisici, assistenti sociali: 1.500.000 professionisti della Salute dicono no all’autonomia differenziata che non garantirebbe l’intoccabile principio costituzionale di equità e universalismo delle cure. Stilano, insieme, il “Manifesto dell’alleanza tra professionisti della salute per un nuovo SSN” nel quale si legge che le “professioni sanitarie e sociali sono garanti della dignità della persona e del diritto alla salute al di la di ogni logica di profitto e di interessi corporativistici…” Gli ordini delle professioni sanitarie, ben consapevoli della necessità di migliorare il SSN, chiedono al Parlamento di “scongiurare il rischio che sia pregiudicato il carattere nazionale del nostro Servizio Sanitario” e invitano il Governo “ a porre al centro dell’agenda politica il tema della tutela e unitarietà del Servizio Sanitario Nazionale”. E, soprattutto, a discuterne insieme, sollecitando “l’attivazione di un tavolo di confronto permanente tra le Professioni Sanitarie e Sociali, il Governo e le Regioni”. Ad oggi, nessuna risposta chiara.
L’autonomia differenziata è una riforma che procede in sordina e nasconde pericolose insidie. E’ una riforma di cui si sa davvero molto poco o addirittura niente. E’ assente nei dibattiti politici, nelle trasmissioni di informazione di approfondimento, sui social. Non può e non deve passare nel silenzio più assordante. E’ inaccettabile che una nazione che si definisce democratica estrometta la “gente” dal dibattito politico-sociale, dalle scelte che la riguardano…
…Perché è la gente che fa la storia
Quando si tratta di scegliere e di andare
Te la ritrovi tutta con gli occhi aperti
Che sanno benissimo cosa fare…
A cura di Vania Cuomo