APPROFONDIMENTO/ Fuga dei camici bianchi, trend in crescita nel sistema sanitario in crisi

Trolley pronti, biglietti alla mano, in tasca una laurea in medicina, una specializzazione in anestesia, o in pediatria, o una laurea in scienze infermieristiche, e via, si vola verso orizzonti inglesi, svizzeri o francesi. Attratti da migliori condizioni di lavoro, da concrete possibilità di carriera e da stipendi allettanti (almeno il doppio rispetto all’Italia), i medici ed infermieri italiani, scelgono di lasciare il nostro paese in cerca di un futuro professionale e personale all’altezza dei propri sogni. Futuro, ma soprattutto presente, che la Sanità italiana, non è più in grado di garantire né alle nuove generazioni, né alle più mature, compromettendo notevolmente la qualità delle cure dei cittadini italiani, sempre più penalizzati da un sistema sanitario in crisi profonda, perché depauperato di tutte le risorse necessarie alla propria sopravvivenza.

DATI ALLARMANTIPiù di 10 mila sono i medici e circa 8 mila gli infermieri che tra il 2005 e il 2015 hanno lasciato l’Italia e, negli ultimi 3 anni, si registra un incremento del 25% di richieste di trasferimento negli ospedali oltre confine. Prima tra le regioni italiane ad esportare i camici bianchi è il Veneto, seguita dalla Lombardia, Campania, Puglia. Per un totale del 52% di personale sanitario regalato dall’Italia alle altre nazioni Europee. Dei 1.500 professionisti della Salute che lasciano il “belpaese”, il 33% vola in Gran Bretagna, il 22% in Svizzera, il 18% in Francia. In aumento anche le richieste verso le più ricche mete orientali: Qatar, Emirati Arabi, Dubai, che assicurano anche domicilio e corsi di lingua, tra i vari benefit. È quanto emerge dagli allarmanti dati dell’Enpam-Eurispes, AMSI (Associazione medici Stranieri in Italia) e Commissione Europea.

MISURE STRAORDIANRIE, CONTRO IL PARADOSSO DELLA SANITA’ ITALIANA – A fermare questa emorragia dei medici, ci prova la FNOMCEO con la campagna di sensibilizzazione “Offre l’Italia”. Gli slogan “Laureato a Bari. Anestesista a Parigi”; “Laureata a Milano. Medico a Berlino”, sui manifesti affissi in tutt’Italia, denunciano che “Ogni anno 1.500 medici vanno a specializzarsi all’estero. E non tornano. Costano all’Italia oltre 225 milioni” e dichiarano al Governo che: “Servono più posti di specializzazione”. La gravissima errata programmazione sanitaria, non assicura ad ogni laureato in medicina, un posto nelle scuole di specializzazione, creando quell’ ”imbuto formativo” che porta ad un incredibile paradosso del nostro SSN: la carenza di medici, amplificata dai pensionamenti e soprattutto dall’insostenibile blocco del turnover che fa della Sanità italiana la più vecchia d’Europa: il 52% dei medici italiani supera i 55 anni (dati Eurostast). Varie le misure straordinarie per impedire l’imminente svuotamento delle corsie: Veneto, Friuli e Piemonte propongono di richiamare i medici in pensione; il Molise, i medici militari; la Toscana di assumere i neolaureati nei P.S. Misure bocciate all’unanimità dai sindacati, per i quali, la parola d’ordine per risolvere la carenza di organico è: assumere.

IN CAMPANIA – Nonostante il via libera, lo scorso marzo, al decreto commissariale che prevede l’assunzione di 1.200 medici ed infermieri, la carenza di organico in Campania è drammatica. Entro il 2025 mancheranno all’appello più di 1000 unità. L’emergenza-urgenza, con 800 operatori in meno, è il settore che registra la maggiore carenza. A mancare saranno anche i pediatri, i medici di chirurgia generale, gli internisti, gli ortopedici, i cardiologi e gli anestesisti (dati ANAAO).

A mancare sarà il prezioso “capitale umano”. A mancare sarà il nostro sacrosanto diritto alle cure. Senza i professionisti della Salute, ci affideremo al dottor Google?

A cura di Vania Cuomo

Scritto da Vania Cuomo


Giornalista, laureata in Filosofia. Appassionata di arte e viaggi, musica e supereroi. Sensibile alle tematiche medico-sanitarie alle quali si avvicina come autrice di fumetti e come social media manager. Impegnata sul territorio dei Campi Flegrei, coniuga giornalismo e social per diffondere una corretta informazione, al servizio della collettività.