Martedì 18 il Comitato “Terra dei fuochi e dei veleni” di Monte di Procida ha organizzato un incontro pubblico con 5 docenti esperti, a vario titolo, di ambiente, territorio e salute. Nello specifico erano presenti Franco Ortolani, geologo, Benedetto De Vivo, geochimico, Antonio di Gennaro, agronomo, Antonio Marfella, medico tossicologo e Francesco Escalona, architetto.
L’incontro ha riempito il Laboratorio delle Arti di Monte di Procida e grazie alle spiegazioni degli esperti ha chiarito molti aspetti dei problemi ambientali del nostro territorio. È stato chiarito ad esempio che la spazzatura che hanno tutti a casa è solo un settimo dei rifiuti ed è la parte meno inquinante di ciò che finisce in discarica. La parte del leone, infatti, la fanno i rifiuti industriali, soprattutto quelli dovuti alle attività illegali, in nero, le quali non esistendo ufficialmente smaltiscono solo ed esclusivamente in maniera illecita. Il Prof. De Vivo ha voluto, poi, porre l’attenzione sulle analisi, che si effettuano sul territorio, prima precisando che i costi esorbitanti delle analisi effettuate in Italia sono ingiustificabili, mediamente in Italia costano 20 volte più di quanto costino nel resto del mondo, poi ha spiegato che queste vengono realizzate senza rispettare i protocolli di analisi, ovvero i criteri scientifici che rendono i risultati attendibili, per cui non solo costano uno sproposito, ma risultano completamente inutili.
Altri aspetti analizzati dal dibattito sono stati quelli dei prodotti agroalimentari coltivati su terreni inquinati, sfatando il mito delle coltivazioni inquinate che ci sarebbero nel nostro territorio. Le piante non assorbono tutto ciò che vi è nel terreno, anzi hanno un enorme capacità di selezione degli elementi inquinanti, che restano nel terreno, cosa comprovata anche da analisi indipendenti che vengono svolte quotidianamente. I pericoli maggiori per la salute umana e degli animali da pascolo, come le bufale da cui ricaviamo la mozzarella, non vengono propriamente dal terreno e da ciò che vi viene coltivato, ma dall’acqua e dall’aria. Dalle discariche non impermeabilizzate che inquinano le falde acquifere e dai roghi che spargono ceneri tossiche per centinaia di km e da un urbanizzazione selvaggia che ha considerato il territorio agricolo solo come un vuoto da riempire, di cemento, o di rifiuti.
Di certo il discorso portato avanti dai prof. invitati a Monte di Procida non è stato di facile comprensione per tutti, la quantità di dati e di problematiche di cui si è discusso è considerevole e molte volte ciò che veniva spiegato andava contro il luoghi comuni che negli anni sono stati diffusi sul problema ambientale campano, ma ciò che è stato chiaro a tutti è il messaggio di fondo che collegava ogni singolo intervento, ovvero che non basta porre rimedio ai danni già fatti, ma che bisogna lavorare affinché non se ne facciano altri. Per quanto si possa analizzare o mettere in sicurezza i territori già inquinati, quello che va cambiato è un intero modo di pensare e di produrre nel nostro territorio, partendo dalle costruzioni abusive che hanno soffocato le campagne, passando per le aree industriali costruite a ridosso dei centri abitati, fino ad arrivare alle attività criminali camorristiche che oltre ad aver seppellito in Campania i rifiuti tossici che non riuscivano a seppellire nel resto d’Italia, continuano a produrre in nero tonnellate di merce a cui corrispondono altrettante tonnellate di rifiuti tossici; rifiuti che, non esistendo ufficialmente, non potranno che finire in qualche cava o in qualche terreno e continuare ad avvelenare l’acqua e l’aria che beviamo e respiriamo.