Il terremoto sull’isola di Ischia, con epicentro Casamicciola, deve necessariamente avviare una riflessione: quella sull’abusivismo edilizio e la gestione del territorio. Senza puntare il dito o individuare colpevoli, l’affermazione dei Sindaci dei Comuni di Ischia, secondo i quali “non c’è correlazione tra abusivismo e terremoto in quanto sono crollate anche case in regola”, ha una logica conseguenza: il territorio è a rischio, e quindi i vari vincoli urbanistici sono giustificati. Non solo. Il fatto che determinate case risultino sanate per legge non significa ovviamente che siano diventate sicure o possano considerarsi tutto d’un tratto a prova di sicurezza. Il contesto di illegalità e irregolarità, invece, sacrifica sempre la tutela del territorio sull’altare dei condoni e delle varianti urbanistiche.
Legambiente lancia da anni l’allarme su questa situazione. Nel periodico rapporto “Mare Mostrum” elabora i dati relativi ai reati che riguardano mare e coste. «E’ sempre la Campania a tenere salda anche la testa della classifica dell’illegalità nel ciclo del cemento costiero, – si legge nel rapporto del 2017 – con 764 infrazioni accertate dalle Capitanerie di porto e dalle altre forze dell’ordine, detiene sul suo territorio il 20,3% del totale dei reati. Primato che riguarda anche il numero delle persone denunciate, 855, e dei sequestri, 234». L’associazione raccoglie anche dei casi emblematici, irrisolti da anni. Questa la lista per il 2017: gli scheletri di Pizzo Sella a Palermo, il villaggio di Torre Mileto a Lesina in provincia di Foggia, le 35 ville nell’area archeologica di Capo Colonna, a Crotone, e le case abusive dell’Isola di Ischia.
Il fenomeno è quindi diffuso, ma le conseguenze sono sempre puntuali, magari non direttamente correlabili alla causa, spesso distribuite in un ampio lasso di tempo. Ischia è già stata soggetta a terremoti, spesso in sequenze distribuite nell’arco di decenni (l’ultima in tutto l’800). Quindi si conoscono i limiti del territorio, la storia dovrebbe insegnarci ad affrontarne i rischi con coscienza, senza limitarci all’affermazione “Ma se la terra è mia, perché non ci posso costruire?”. La prevenzione manca, i manufatti abusivi non sono registrati, quindi le istituzioni non hanno un quadro completo sulla sicurezza del patrimonio edilizio. I danni ci saranno, senza preavviso, colpendo anche chi non ha commesso direttamente l’abuso, perché tutto il territorio ne è uscito indebolito e meno controllato. E la politica locale, come quella nazionale, non può rendersi complice e colpevole, avallando l’alibi dell’abusivismo “di necessità”, senza attuare scelte coraggiose per il bene dei cittadini attuali e futuri, solo per paura di perdere consensi. La politica si fa per il bene comune, non per i voti.