Qualcosa si muove tra i siti archeologici dei Campi Flegrei. Merito del Parco archeologico #PaFleg, alla cui direzione da qualche mese c’è Paolo Giulierini, già direttore del MANN (Museo Archeologico nazionale di Napoli), risultato della “riforma Franceschini” che ha attribuito maggiore autonomia gestionale a importanti musei o distretti di interesse turistico-culturale.
Un programma estivo di 60 eventi legati alla cultura nell’ambito del programma «Estate! La nuova stagione dei Campi Flegrei», partito lo scorso 1 luglio e fino al 16 settembre. Spettacoli e aperture straordinarie di siti come la Città Bassa di Cuma, il Castello di Baia, le Terme Romane, il Macellum, lo Stadio Antonino Pio, numerose le associazioni e gli operatori locali coinvolti. In forma ancora primordiale, viene avviato quel sistema fatto di avvisi pubblici e di un calendario aperto a pari condizioni, che è il primo passo per creare un’economia di servizi turistici e culturali rivolti a cittadini e visitatori, con un sistema di collaborazione tra Enti pubblici e privati.
A dare dimostrazione “visiva” che questa volta, forse, si fa sul serio è stata l‘intervista rilasciata in collegamento diretto al Tg3 nazionale dello scorso 21 luglio dallo stesso direttore Giulierini. Un fatto nuovo e di peso, perchè per la prima volta un’autorevole Istituzione sovracomunale dice che “i Campi Flegrei sono un territorio unico in Italia dove è possibile coniugare archeologia e ambiente”, allargando gli orizzonti tradizionali con i quali si è abituati a vedere il nostro patrimonio, con espresso invito a conoscere e a visitare questa terra. Il direttore del parco archeologico ha parlato della storia millenaria dei Campi Flegrei e di fenomeni naturali come il bradisismo, ma, soprattutto, “ci ha messo la faccia” a un livello mediatico inedito, con implicita assunzione di impegno e di responsabilità di fronte all’opinione pubblica.
Le aspettative riposte nel ruolo del PaFleg non sono il frutto di un ottimismo ingenuo. Nel recente passato i Campi Flegrei hanno perso molte occasioni. E ancora oggi la sensazione diffusa è che si navighi verso la strada della vocazione turistica senza una direzione precisa e con il freno a mano tirato. A questo territorio serve innanzitutto un piano strategico, fatto di comunicazione e promozione condotte in modo professionale, oltre che di lavoro sulle infrastrutture per garantire la fruibilità dei luoghi. Occorre una cabina di regia, che oggi solo il Parco archeologico può garantire, trascinando a se’ anche altre Istituzioni come singoli Comuni e Soprintendenze, e superando le debolezze, o in alcuni casi gli ostacoli, di queste ultime. Bene la sinergia con l’Eav, ma va data continuità alle iniziative apprezzabili come l’archeobus e il Cuma express. Sarà poi decisivo riuscire a coinvolgere e mettere a sistema tutto ciò di buono che il territorio ha già espresso in ambito privato e “dal basso”. Basti pensare alla qualità artistica ormai riconosciuta del Pozzuoli Jazz Festival, al contributo per la valorizzazione permanente del Macellum dato dal Premio Civitas, alla lungimiranza di guardare al turismo slow ed esperenziale manifestata da anni dalla rassegna “Malazè”, ai tanti, singoli, comitati civici e associazioni che in questi anni non si sono rassegnati a guardare e hanno animato il dibattito pubblico sul tema della città della cultura e dell’accoglienza. I Campi Flegrei non sono all’anno zero, ma per compiere il salto di qualità va recuperato quel deficit accumulato negli anni in marketing e cultura dell’ospitalità rispetto ad altri territori, anche geograficamente vicini.
I fatti diranno se il Parco archeologico sarà all’altezza di questo compito, in un contesto locale dove tanti sono i nodi irrisolti o di difficile risoluzione, come la gestione e la messa a reddito del Rione Terra o la creazione di in sistema di navette e parcheggi esterni ai Centri Storici. Ora il punto non è limitarsi a fare il tifo per Giulierini, ma chiedersi cosa la comunità può fare per la vittoria dei Campi Flegrei. Ed il primo passo è quello di sostenere e accompagnare il processo di “apertura” del patrimonio storico, archeologico e paesaggistico, con uno sforzo di proposta e di consapevolezza diffusa da parte dei cittadini.