Fare motocross nelle aree protette è sbagliato. E vi diciamo perchè.

Le moto da cross sono un danno per il territorio e nelle aree protette, come i Campi Flegrei, è vietato praticare questo sport salvo specifiche autorizzazioni. Può sembrare un attacco diretto ed immotivato ad una pratica sportiva apparentemente innocua, a cui le persone si dedicano ingenuamente, ma non lo è. I danni sono numerosi, sia nei confronti dell’ecosistema, sia nei confronti del comparto turistico.

Prendiamo due esempi: la duna di Cuma ed il Cratere del Gauro. La duna è di per sè un ecosistema fragile, ma fondamentale per l’equilibrio del territorio. Consolida il suolo, rappresenta un habitat per la riproduzione per numerose specie di fauna protetta, ospita specie vegetali tutelate ed in via di estinzione. Le piante, con le proprie radici, consolidano la sabbia, crendo la duna. La duna, a sua volta, rappresenta una riserva di sabbia che contrasta l’azione erosiva del mare. Non a caso, la spiaggia di Fusaro-Cuma-Licola, dove sono presenti dune in diverso stadio di conservazione, è l’ultima grande spiaggia dei Campi Flegrei. Dove le dune sono scomparse, sta scomparendo anche la spiaggia. Qualcuno potrebbe obbiettare “lì si fanno corse dagli anni ‘80, la duna sta ancora là”. Vuol dire semplicemente che per 40 anni è stato danneggiato il territorio, e le conseguenze arriveranno nel medio lungo termine. È come se 30 anni fa qualcuno avesse detto (e sicuramente è successo) “abbiamo sempre usato l’amianto, non è mai successo niente”.

Il danno non è solo al territorio, ma anche all’economia. Riportiamo quanto accaduto domenica 27 gennaio, all’interno del Cratere del Gauro, due gruppi di escursionisti accompagnati da guide, si sono ritrovati a fare trekking nel bosco con un sottofondo alquanto insolito: puzza di smog, rumore di motori e paura di essere investiti. Il bosco, le aree protette, hanno una valenza economica enorme dal punto di vista agricolo e turistico. Sfrecciare tra i sentieri, disturbare la fauna, distruggere la flora e mettere rischio l’incolumità di chi fruisce del bosco in maniera “dolce” e non aggressiva è un problema. Un problema che non va ignorato dalle autorità competenti, in primis Parco Regionale, forze dell’ordine e Comune, ma neanche che va liquidato con superficialità e incolpando sempre problemi più grandi. Nell’epoca della catastrofe climatica, ognuno deve assumersi la responsabilità del proprio impatto sul nostro pianeta, senza voltarsi o lavarsi la coscienza. Su scala territoriale, il turismo naturalistico è una prospettiva per i Campi Flegrei, ma gli escursionisti non possono avere paura di una curva lungo il sentiero, e tra i presenti quel giorno c’era anche una bambina di 5 anni.

Scritto da Stefano Erbaggio


Nato nell' 88 e cittadino puteolano. Studente di Scienze Naturali, dal 2010 collabora con L'Iniziativa, occupandosi di ambiente e sviluppo sostenibile. Giornalista Pubblicista, ha collaborato con "La Nuova Ecologia", "Terra", "Cronaca Flegrea" ed "Il Roma". Volontario di Legambiente, integra l'amore per la natura con la difesa e la conoscenza del territorio. Dal 2012 è Guida naturalistica AIGAE, attivo specialmente nei Campi Flegrei e collaborando con numerose scuole del territorio.