Il Monte Nuovo – Parco Regionale dei Campi Flegrei è solo l’ultimo caso.
Dopo il megaincendio nel Parco Nazionale del Vesuvio di alcuni giorni fa che ha distrutto le pendici “protette” del vulcano più famoso del Mondo, e quello del 18 luglio che ha infiammato la macchia mediterranea della collina della Molpa presso Palinuro nel Parco Nazionale del Cilento, ricca di piante uniche al mondo, giunge il turno del Parco Regionale dei Campi Flegrei. L’area colpita è quella nata solo 478 anni fa, Monte Nuovo, un piccolo cratere generatosi in soli 8 giorni nel 1538.
Tre grigi esempi di quello che è andato in fumo in Campania in meno di un mese, tre aree che attraverso convenzioni internazionali, accordi nazionali ed emanazioni regionali, noi e le nostre amministrazioni avevamo promesso di proteggere. Purtroppo ci sembra importare solo la “promessa di Higuain” di restare al Napoli, ma se le aree più importanti della Campania vengono carbonizzate nessuno sembra accorgersene e nessuno s’indigna chiedendo dei chiarimenti a chi doveva tutelarle e nessuno pensa di dover dare delle spiegazioni.
Quanto accaduto a Monte Nuovo e precedentemente in altri Parchi era prevedibile, non solo per il caldo e i noti/ignoti piromani che come un tormentone estivo impazzano intorno a noi fra luglio ed agosto senza che qualcuno provi a spegnere con indagini scientifiche e pene esemplari la loro ardente passione per la distruzione. Ma anche per il sostanziale stato di non-tutela in cui versano le nostra aree protette, basti pensare che la maggior parte delle persone che abita nei territori del Parco dei Campi Flegrei non sa di abitare in un area protetta e non conosce assolutamente la perimetrazione del Parco, anche perché in effetti non è rintracciabile alcuna differenza nella gestione del territorio e quindi nel comportamento che dovrebbero assumere i cittadini fuori e dentro quella linea che in Campania sembra essere tracciata solo sulla carta.
Il fuoco continuerà a incenerire le nostre aree protette fino a quando queste saranno costituite unicamente da carta: fascicoli e fascicoli di burocrazie mescolata al nulla, centinaia di cartografia che ci indicano dove vivono le specie, dove sono ubicati gli habitat, dove si concentra la biodiversità e dove invece risultano più minacce, ma nessuno assunto per interpretarle e farle divenire patrimonio condiviso con chi quei territori li vive. Manca totalmente il coordinamento fra la gestione e l’abitante di un territorio “protetto” manca quel raccordo costituito da professionisti del settore (Naturalisti, Biologi, Geologi, Educatori ambientali e Divulgatori) che dovrebbero operare sul territorio e non da volontari per creare una coscienza fondata sulla conoscenza negli abitanti delle aree protette (perchè speciali) per far ardere come un tifo da stadio il desiderio che queste vengano tutelate.
Nell’era della comunicazione resa estremamente economica dai social, che riescono a raggiungere in tempo reale un vasto pubblico di persone interessate a quel tema o territorio, fa riflettere che il Parco Nazionale del Vesuvio non abbia una pagina fb ufficiale e che l’unica news sul sito del Parco Regionale del Matese è del 11/11/2015 e ci informa della presentazione del sito web del Parco. Fanalino di coda in Campania di questa classifica dell’invisibilità delle aree protette spetta forse proprio al Parco dei Campi Flegrei che nel 2016 risulta privo di un sito web proprio ed ufficiale e pure di una economicissima pagina fb istituzionale.
Ovviamente nessuno s’illude che possa essere la rete internet a salvare il nostro territorio degli incendi, ma ci potrebbe dare aggiornamenti constanti su cosa fa chi viene pagato per amministrare quel territorio nell’ottica della tutela e da quanto si può verificare attraversando i Campi Flegrei a piedi o facendo ricerche navigando sul web la risposta sembra essere la stessa: “Nulla”.
Rosario Balestrieri