Mafie e migrazioni, da Villa Ferretti uno sguardo diverso al Mediterraneo

Si è conclusa ieri, domenica 1 settembre, la rassegna culturale “Un Mare di Eventi a Villa Ferretti”, tenutasi presso il parco pubblico dell’omonimo bene confiscato alla criminalità organizzata. L’ultima giornata della rassegna di eventi dedicati al “mare” in quanto elemento caratterizzante della storia flegrea, ha avuto come tema centrale le migrazioni e le mafie nel Mediterraneo. Tra laboratori musicali, spettacoli, danze e dibattiti, cittadini, associazioni e rappresentanti delle istituzioni si sono immersi in una serata di confronto, riflessione e socialità, ospitata da quello che è stato definito “uno dei beni confiscati più belli d’Italia”.

L’ULTIMA GIORNATA – La tavola rotonda dal titolo “Mafie, Mediterraneo, beni confiscati” ha rappresentato una preziosa occasione di confronto su migrazioni e mafie, temi cruciali sia dal punto di vista geografico che storico. A moderare il dibattito Fabio Giuliani di Libera Campania. E’ stato possibile affrontare i temi in maniera trasversale attraverso gli interventi dei diversi relatori, quali Marcello Ravveduto, docente di Digital Public History presso l’Università di Salerno; Monica Usai di Libera Contro le Mafie; Emiliano Sanges, Presidente presso la cooperativa sociale Apeiron, che provvede alla gestione di un bene confiscato presso Pignataro Maggiore, in provincia di Caserta. A concludere questo primo momento di confronto è stato l’intervento del sindaco di Bacoli Josi Gerardo della Ragione, con un appello alla necessità di contrastare le mafie attraverso la partecipazione, il coinvolgimento della cittadinanza nel riutilizzo dei beni confiscati e l’impegno costante dello Stato: è tristemente noto come in certi casi la criminalità organizzata riesca infatti a sostituirsi allo Stato, proprio laddove quest’ultimo manca e dove l’impegno politico sarebbe fondamentale per riqualificare i territori e costituire senso civico tra la popolazione.

A seguire si è tenuta la presentazione del libro “La questione Mediterranea” a cura di Iain Chambers, antropologo, sociologo e docente di studi culturali presso l’Università degli Studi di Napoli L’Orientale. Successivamente si sono tenuti i Talk “Mare: Una geografia di pensiero” con Ilaria Abbiento in dialogo con la giornalista Mirella Armiero e “Civiltà campane nel Mediterraneo” a cura del Prof. Russo. A conclusione della tre giorni spettacoli di danze e il concerto “Corale Flegrea” a cura delle associazioni FreeBacoli e Corale Flegrea.

UN MODO DIVERSO DI GUARDARE AL MEDITERRANEO – I momenti di dibattito avuti nel corso della serata hanno offerto molteplici spunti di riflessione e hanno consentito di sviscerare questioni centrali che, dal punto di vista territoriale, hanno come fulcro appunto il Mediterraneo. Come suggerisce l’etimologia stessa del nome, il nostro è un mare intercontinentale che bagna l’Europa, il Nordafrica e l’Asia occidentale e, come tale, è sempre stato luogo al tempo stesso di paura dello straniero – dal saraceno di un tempo al migrante odierno – e di accoglienza, di rivendicazione delle proprie radici e contemporaneamente di straordinario sincretismo culturale. Un sincretismo culturale che non sarebbe possibile senza l’apertura all’Altro della popolazione, a dispetto della narrazione che vuole i popoli delle sponde opposte del Mediterraneo come inevitabilmente in contrasto culturale e sociale: durante la tavola rotonda si è avuto modo infatti di sottolineare come molto spesso siano state e siano tuttora le associazioni di pescatori tra le prime a collaborare nell’ambito dell’accoglienza dei migranti. Si è parlato della necessità di conoscere, di studiare approfonditamente le esigenze e le condizioni materiali di partenza di chi intraprende viaggi di cui non viene riportata che la “punta dell’iceberg”, dal momento che per la maggior parte dei migranti la traversata in mare non è che l’ultimo passaggio di un viaggio che spesso vede l’attraversamento del deserto sahariano in condizioni più che precarie, oltre a torture, soprusi e molestie durante il percorso e ancor di più per chi è stato detenuto nelle carceri.

È necessaria una conoscenza scientifica delle migrazioni e delle reti internazionali della criminalità organizzata per riuscire a sottrarre a quest’ultima la gestione di tali traffici, che le consente di speculare sulla disperazione e trarre profitto da quelle che divengono delle vere e proprie tratte di merce umana. Per conseguire tale obiettivo non basta l’appello all’umanità – che pure andrebbe riscoperta – né la mera contrapposizione, ma è necessario invece elaborare una narrazione alternativa che non sia fine a se stessa, bensì che promuova risposte politiche, economiche e socioculturali concrete e praticabili, che siano in grado di creare soluzioni opposte alla demagogia dei porti chiusi e che puntino invece ad una legalità che sia sinonimo di giustizia e di integrazione.

Esistono, oggi come ieri, buone pratiche ed esempi virtuosi che testimoniano punti di congiunzione di popolazioni le cui storie sono da sempre intrecciate, come si è avuto modo di approfondire durante la presentazione del libro dell’antropologo Chambers. Un intreccio che purtroppo storicamente è spesso avvenuto all’insegna dello sfruttamento e della sopraffazione, con un approccio dapprima coloniale e ad oggi neocoloniale, non solo dal punto di vista politico ed economico ma anche ideologico. In altri termini, si tratta di una visione eurocentrica: visione da cui è necessario uscire al fine di invertire una rotta che è costantemente causa di squilibri economici e conflitti socioculturali, che non mancano di destabilizzare anche i territori della nostra sponda del Mediterraneo.

Invertire la rotta è possibile solo attraverso la memoria, fattore imprescindibile tanto nella lotta alle mafie – che può essere totale e sistematica solo attraverso l’educazione e la coscientizzazione della cittadinanza – tanto in termini di memoria storica rispetto all’integrazione e alla comprensione dei processi sociopolitici. La memoria è fondamentale per riuscire a vedere nel Mediterraneo un mare che, piuttosto che separare, unisce.

Scritto da Martina Brusco


Nata a Napoli nel 1996, residente a Pozzuoli. Studentessa di Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l’Università degli Studi di Napoli L’Orientale. Entra a far parte dell’associazione e testata giornalistica “L’Iniziativa – Voce Flegrea” nel 2014, con il desiderio di coniugare la passione per il giornalismo e la politica all'impegno sociale sul territorio.