Irene è Miele, un nome in codice che usa per esercitare il suo lavoro, se così può essere definito. Divisa tra una vita abbastanza regolare e monotona e lunghe escursioni subacquee, Irene aiuta coloro che, logorati dalla vita – vuoi per una malattia, vuoi per depressione – decidono di togliersi la vita. Irene pratica l’eutanasia. Aiutata da un collega, la protagonista di questa storia si reca a brevi intervalli di tempo in America, dove riesce a procurarsi medicinali, illegali in Italia, con cui uccide i suoi “clienti”. La sua è una missione morale: aiutare coloro che, stanchi di vivere una “non vita” decidono di togliersi la stessa. L’incontro con l’ingegnere Grimaldi, un uomo depresso e senza più stimoli, creerà un punto di svolta nella storia e nell’esercizio della protagonista.
Alla sua opera prima come regista, Valeria Golino si dimostra un’autrice forte e determinata. Diretta da registi famosi del Belpaese e non, l’attrice napoletana mette in scena un dramma dai toni cupi ed esistenzialisti. Lo fa con maestria.
Divisa tra critica e pubblico, l’opera di Valeria Golino è di una semplicità e di una linearità sconcertante. L’eutanasia, tema del film, cade in secondo piano, mentre vengono esaltati lo spirito e le essenze dei personaggi. Irene, che tutti potrebbero vedere come un’assassina, è, invece, una donna che ha deciso di aiutare coloro che, ormai, non possono più vivere. Infatti, ciò che noi reputiamo vita per altri può essere sofferenza enorme, tragitto insostenibile, un continuo camminare senza arrivare a nulla. Ed è a queste persone che Irene si rivolge cercando, quando possibile, di regalare un minimo di controllo e di autostima nelle loro vite. Ma, come detto prima, l’argomento trattato è molto opinabile: persino per la medesima protagonista che, di fronte ad un caso, non proprio diverso da quelli trattati in precedenza, comprende, forse, il vero valore della vita.
Il film, dotato di un’ottima fotografia e scenografia minimalista, si regge principalmente sulle interpretazioni di Jasmine Trinca, la protagonista Miele, e Carlo Cecchi, nei panni dell’ing. Grimaldi: dolce, ma al tempo stesso forte, la prima; dura e impassibile quella di Cecchi.
Presentato al Festival di Cannes del 2013, Miele di Valeria Golino è molto più che un film sul tema dell’eutanasia.