Ci hanno incantato con il loro primo album, nel 2011, “ ’Na storia nova”, che ha fatto da subito affezionare il pubblico napoletano alla band, con le loro ballate di folk in chiave moderna. Ma se l’album successivo, “Dimane torna ‘o sole” è stato quello della conferma, che ha delineato definitivamente lo stile dei Foja e che li ha fatti conoscere al grande pubblico, anche a livello nazionale, “ ’O treno che va” è sicuramente quello della consacrazione e della maturità, che, tra l’altro, vede la straordinaria partecipazione di artisti del calibro di Eduardo Bennato, Ghigo Renzulli e Daniele Sepe. Ad un primo ascolto del nuovo lavoro, prodotto dall’etichetta Full Heads, risulta evidente come i Foja siano stati bravi a rinnovarsi senza però, allo stesso tempo, abbandonare il proprio stile: si tratta, infatti, di un album che, sebbene rispecchi fedelmente il folk dei suoi predecessori, presenta delle venature molto più rock, solo appena accennate nei lavori precedenti.
IL CAMBIAMENTO – Questo cambiamento risulta evidente già dal brano di apertura, nonché primo singolo dell’album “Cagnasse tutto”, un pezzo decisamente rock che lascia poco spazio ai ritmi da ballata. Questa prima scossa musicale fa sì che il resto della tracklist scorra via davvero come “un treno che va”: si passa da “Gennaro è fetente”, che vede la partecipazione di Eduardo Bennato e sembra una storia scritta da Pino Daniele, a “Chin’e pensieri”, altro pezzo di matrice rock, passando per “Nunn’è cosa”, ballad sentimentale, colonna sonora de “La Parrucchiera” di Stefano Incerti. Si arriva così al brano che dà il titolo all’album, “ ‘O treno che va”, le cui sonorità ci fanno davvero viaggiare “luntano ‘a tutt’e paranoie” ed il cui testo introspettivo, quasi psicoanalitico, disegna un profilo nel quale è difficile non rispecchiarsi. I toni poi diventano più cupi, con “Buongiorno Sofia”, salvo riaccendersi col country/rock di “Aria ‘e mare”, caratterizzata dall’inconfondibile chitarra di Ghigo Renzulli.
LA MARCIA IN PIU’ – A metà scaletta, l’album mette decisamente una marcia in più: “A chi appartieni” è un pezzo che sembra uscire fuori dal primo album della band, una specie di ritorno alle origini e che anticipa probabilmente il punto più alto di tutta l’opera:”Famme partì” e “Dummeneca” rappresentano la ciliegina sulla torta di un album che, risulta comunque essere molto più che convincente. Il primo brano, che vede la partecipazione di Daniele Sepe, presenta toni allegri e spensierati ed è ricco di modi di dire napoletani, mentre il secondo va ascoltato ad occhi chiusi, per rappresentare con la mente tutte le immagini che Dario Sansone, con la sua voce avvolgente, è bravo a raccontare.
LA FINE – Gli ultimi quattro brani sigillano eccellentemente il lavoro della band: si passa dalla spagnoleggiante “Tutt’e duje” alla commuovente “Nina e ‘o cielo”, passando per un altro pezzo country/rock “Statte cu’ mme”, fino a concludersi con “Duorme”, una tenerissima ballata, una ninna nanna chitarra, piano e voce. Questo album non è altro che un viaggio su un treno che, una volta preso, ti permette di scendere ad ogni fermata, di visitare stati d’animo e sentimenti della band, senza filtri, con chiarezza fin dal primo ascolto. Spesso per dare un giudizio ad un album è necessario ascoltarlo diverse volte, invece “O treno che va” colpisce al primo ascolto e resta se stesso anche riascoltandolo mille volte, non ha segreti, è genuino e schietto, non a caso, è napoletano.
A CURA DI FABIO CUOCO