Lo scorso 6 luglio è stato presentato presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli il nuovo progetto NeaPolis RestArt, che ha come scopo la valorizzazione culturale, artistica e sociale del quartiere di Forcella.
Nonostante il prezioso lavoro delle associazioni già presenti sul territorio, il quartiere resta senza dubbio uno dei più difficili di Napoli. La sua peculiarità, però, la considerevole valenza storica, artistica e archeologica, nonché la posizione strategica proprio a pochi passi dalla stazione centrale di Napoli, rappresentano un ottimo punto di partenza da cui poter trasformare Forcella in un vero e proprio “museo diffuso”. Una grande opera trasversale e sinergica, dunque, in cui saranno coinvolti i diversi soggetti locali come lo stesso direttore del MANN, Paolo Giulierini, l’Associazione Culturale Agorà, l’Assessorato Turismo e Cultura, in collaborazione con il Prof. Mario Punzo dell’Accademia delle Belle Arti di Napoli, della Scuola Italiana Comix e dell’I.C.S. “Adelaide Ristori”.
IL PROGETTO – Il progetto, che avrà inizio a settembre, sarà suddiviso in due fasi apparentemente differenti, ma che concorreranno a tessere i fili di un unico percorso artistico dal MANN verso Forcella e viceversa.
Un percorso di visita, conoscenza e rilettura delle opere più importanti conservate all’interno del MANN, coinvolgerà le generazioni dei più giovani nella prima fase del progetto. Le opere saranno poi descritte in prima persona in una chiave interpretativa del tutto soggettiva e senz’altro nuova, in cui i ragazzi faranno emergere gli elementi che più hanno fatto propri, secondo un format didattico che vede il suo pioniere nell’artista, designer e scrittore Bruno Munari: “Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco.”
Seguirà quindi la stesura di un testo, o meglio un “Diario di viaggio da Forcella al MANN”, in cui saranno affiancati da archeologi, story tellers, artisti, fumettisti e scrittori per dar vita a quella che sarà una nuova “guida” del museo, consultabile da chiunque fosse interessato, corredata da espressioni culturali tipicamente partenopee, in un’ottica di ricostruzione dell’identità culturale non solo antica, ma anche contemporanea.
La seconda fase del progetto, «Art dint’ o street» prevede la creazione di un percorso nel quale quindici murales collegheranno fisicamente il quartiere al museo, dal complesso dell’Annunziata fino al MANN, attraverso siti artistici probabilmente sconosciuti agli stessi napoletani. A riaccendere la luce tra i vicoli partenopei saranno proprio alcune tra le opere più significative esposte al museo, reinterpretate da artisti internazionali e writers napoletani, che non solo riqualificheranno mura, vicoli ed edifici ma contribuiranno a rendere ancor più fruibile il patrimonio artistico locale. Fondamentale per la valorizzazione sociale, culturale e turistica, anche la collaborazione con gli abitanti dell’area di tutte le fasce d’età, grazie ad importanti momenti di partecipazione cittadina. Una diffusione dunque non convenzionale del patrimonio storico-culturale della città oltre le porte del Museo, seguendo uno dei punti cardine dello statuto museale, ovvero la sua funzione sociale.
IL RUOLO SOCIALE DEL MUSEO – «È obbligo del museo – ha dichiarato Giulierini in una recente intervista – lavorare perché le nuove generazioni crescano e acquisiscano anche i valori che il museo esprime, e quindi in qualche modo deve uscire dalle proprie porte per poter creare connessioni importanti. E le connessioni vanno cercate sia a livello alto con l’università, ma soprattutto il museo non può tralasciare i tanti giovani di Napoli, e non può non fornire un’occasione di crescita».
Il concetto espresso è fondamentale soprattutto se si pensa che talvolta l’errore ricorrente dei musei e di chi li gestisce stia proprio nel credere che il rapporto Museo – Visitatore sia a senso unico, e che sia solo quest’ultimo a dover muovere i passi verso il “colosso museale”. Ci si dimentica spesso che il Museo sia invece un’istituzione permanente al servizio della società, e in quanto tale non può redimersi dal tenderle la mano.