CINEMA / Oltre i film. Paolo Sorrentino, regista raffinato e provocatorio, reduce dal Golden Globe

P_Sorrentino_0123Poliedrico, ironico, umile e al tempo stesso irriverente, provocatorio. Non ci si può accostare allo sceneggiatore e regista Paolo Sorrentino senza restarne affascinati e incuriositi, come se si osservasse un prisma, che riflette la luce in maniera diversa a seconda dell’angolazione. Un’indole inquieta, sfaccettata, che un’attenta analisi delle sue opere e dei suoi personaggi rivela.

IL REGISTA – Regista per caso. Così è solito definirsi Sorrentino. Nasce a Napoli e a soli 25 anni decide di lavorare nel mondo del cinema. Più che della scuola napoletana in generale risente dell’influenza di Antonio Capuano, con cui inizia a collaborare scrivendo la sceneggiatura di alcuni suoi film. Esordisce con il cortometraggio “Un paradiso”, co-diretto con Stefano Russo. Da “L’uomo in più” del 2001, in cui inizia il sodalizio artistico con Tony servillo, passando per “Le conseguenze dell’amore” del 2004, al “Divo” sulla figura di Andreotti del 2008 fino al suo ultimo film “la Grande Bellezza” , Sorrentino ha sempre suscitato reazioni forti da parte del pubblico e della critica, tra acclamazione e disdegno.

IL FILM CANDIDATO ALL’OSCAR – “La grande bellezza”, scritto con Umberto Contarello, è campione di incassi al botteghino, merito anche del cast d’eccezione con Tony Servillo, Carlo Verdone, Sabrina Ferilli e Isabella Ferrari. Sarà proprio quest’ultimo lavoro a sbarcare ad Hollywood, facendo incassare al regista il Golden Globe per il miglior film straniero. “Agli americani è piaciuta la libertà con cui è stato utilizzato il mezzo cinematografico; questa grande cavalcata dentro Roma e una certa umanità” dichiara il regista, senza nascondere la sua emozione, al quotidiano “La Repubblica”. Un ritratto dissacrante di una Roma barocca e decadente, che dietro il luccichio e lo sfarzo nasconde un vuoto interiore di umanità e di valori, metafora più ampia di una società che ha rinunciato al suo spessore in luogo dell’apparire. “E’ tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore, il silenzio e il sentimento, l’emozione, la paura e “sparuti, incostanti sprazi di bellezza e poi lo squallore miserabile dell’uomo”. Queste le parole del protagonista de “La Grande bellezza” che contengono il messaggio che il regista ha voluto affidare al pensiero del protagonista, uno scrittore. Un messaggio pessimista e disilluso che rivela, nella visione del regista, un’incapacità dell’uomo contemporaneo di cogliere la “vera bellezza” in ciò che ci circonda, uno sguardo che si è disabituato a “guardare oltre” e a cogliere nell’ordinario lo straordinario. Il linguaggio del cinema di Sorrentino nello scandagliare l’animo umano, nel portare alla luce angosce e contraddizioni,, nell’impossibilità di giungere ad una conclusione e risoluzione definitiva, che non è altro che nuova plasticità e nuova forma, ci riporta a quella letteratura di inizio ‘900 da Kafka a Dostoevskij, che tanto ha indagato della natura umana, destrutturandola e ricomponendola, mostrando un conflitto insanabile. Non solo però un cinema d’introspezione e riflessione, il contrasto della natura dei personaggi dei suoi film, scissi e conflittuali è parallelo ad un contrasto di forma , che oscilla costantemente tra realismo o meglio neo-realismo e cinema visionario, quasi surrealista.

IL SUO STILE – Partendo dalla realtà Sorrentino se ne allontana per dare spazio ad una forte personalizzazione artistica, che è il suo vero marchio di fabbrica. Virtuosismo che si riflette anche sul piano tecnico, attraverso un uso del suono e del montaggio che non ha nulla di convenzionale e consueto. “Non mi interessano le linee rette ma le sfaccettature, gli alti e bassi.” dichiara il regista in un’intervista a Paolo D’Agostini, lasciando trapelare il suo profondo e insaziabile interesse per l’io. Da qui l’accostamento, spesso fatto dalla critica, dei suoi film al cinema felliniano, che si nutre di introspezione, oniricità, ma anche di fantasia e leggerezza, qualità che, tra le pieghe della storia, non mancano quasi mai nei film di Sorrentino. Ricerca e sperimentazione costanti gli ingredienti fondamentali del suo cinema, che possiamo a tutti gli effetti definire d’autore. La ricerca del massimo di deformante soggettività che produce il massimo di documento, operazione che richiama a partire da “La dolce vita” la sintassi del cinema felliniano, sebbene la visione della vita e dell’uomo per Paolo Sorrentino non sia poi così “dolce”.

Scritto da Valentina Soria


Mi chiamo Valentina Soria, sono giornalista pubblicista, laureata alla magistrale in Comunicazione Pubblica e d’Impresa. Mi interesso di comunicazione a 360°, dal giornalismo al copy writing alla cura di uffici stampa. Amo la mia terra flegrea e credo nell’importanza di dare “voce” alle piccole e grandi criticità del territorio con coraggio ed onestà.