RIFLESSIONE / Turismo naturalistico: potenzialità smorzate nei Campi Flegrei

DSC_0032FOTO DI PAOLA VISONE

È ormai da qualche anno che mi occupo di escursionismo e di turismo naturalistico nei Campi Flegrei, sia a livello professionale che associativo, ed ho visto nella giornata “Campi Flegrei: città della cultura, città dell’accoglienza”, organizzata da quest’associazione, un ottimo quanto atteso momento di confronto sul tema del futuro di questo territorio, soprattutto data la presenza dell’Amministrazione Comunale.

Punto nero della giornata è stato il silenzio del Parco Regionale dei Campi Flegrei, assente da più di un anno. È l’Ente Parco che dovrebbe guidare il territorio verso un’economia diversa, valorizzando e creando sinergia tra le risorsa storiche, naturali e sociali dei Campi Flegrei. La responsabilità di tale assenza è esclusivamente della Regione Campania.

Chiusa questa parentesi, vorrei incentrare il discorso sulle risorse naturali dei Campi Flegrei e del turismo che vi si potrebbe sviluppare attorno. Viviamo in un territorio con 11 Siti di Importanza Comunitaria (SIC) e 2 Zone a Protezione Speciale (ZPS), entrambe definizioni contenute in due direttive europee. Vuol dire che i Campi Flegrei hanno un patrimonio naturalistico, inserito nella Rete Natura 2000, che la stessa Europa impone di salvaguardare per il suo valore ecologico, sociale e scientifico. Eppure chi cerca di lavorare grazie a queste risorse trova tantissime difficoltà. L’abusivismo e la speculazione edilizia hanno frammentato ed isolato i boschi e le campagne che circondano i nostri laghi e le nostre colline; tuttavia le Folaghe solcano pigramente le acque del lago d’Averno, i cormorani svernano tutti gli anni sul lago Fusaro e ogni primavera la danza delle lucciole illumina la vita notturna della Foresta di Cuma.

Il fascino di questi antichi vulcani coperti di boschi e vigneti è ancora forte. E qui entra in gioco la Guida Naturalistica: colui che, in sintesi, accompagna i turisti all’interno di aree naturali, illustrandone le caratteristiche ecologiche. Una possibilità negata: l’emblema è il divieto di svolgere tale attività professionalmente all’interno del Monte Nuovo, oasi naturalistica. Fortunatamente esistono altri luoghi dove poter mettere le proprie competenze al servizio del turista, ma su quasi tutti pesa l’accessibilità. Il trasporto pubblico, cancro del turismo locale, non è l’unico fattore che limita la fruizione dei siti naturalistici dei Campi Flegrei. Un esempio può essere il Monte Barbaro che, con i suoi 336 metri, è il punto più alto di Pozzuoli e, insieme all’adiacente Monte Sant’Angelo, forma il secondo cratere vulcanico dei Campi Flegrei: il Gauro. Dalla sua cima domina un territorio che va da Lucrino a Cuma, si dice che sia sede del Santo Graal e, con un po’ di fortuna, si può scorgere anche una Poiana. Manca, però, un sentiero pubblico, cosicchè il turista è soggetto ai capricci di chi vi esercita il diritto alla proprietà privata, impedendone l’accesso. Prima ho parlato di lucciole, che sono una delle principali proposte che una Guida Naturalistica del territorio può offrire. Ma la Foresta di Cuma, dove sono più abbondanti, di notte è chiusa, come anche il Monte Nuovo.

Concludo facendo un’ultima considerazione riguardo la regolamentazione: le varie attività proposte dai tanti operatori necessitano di essere regolamentate, in quanto una forte presenza antropica, anche se temporanea, potrebbe danneggiare quello stesso ecosistema che con la sua bellezza crea ricchezza.

LETTERA APERTA DI STEFANO ERBAGGIO

Scritto da Redazione