Il 20 settembre sono partito per il Cammino nelle Terre Mutate, il mio primo Cammino. Non è un Cammino come tanti, la religione e la storia non c’entrano niente. Solidarietà, macerie e bellezza. Erano anni che volevo intraprendere un percorso del genere, tutti mi parlavano di Santiago, poi una sera di luglio a Palinuro, una mia amica, Giulia, mi parlò di questo Cammino e della sua marcia di solidarietà. Le Terre Mutate, i paesi distrutti dal terremoto, sentieri stupendi che attraversano due Parchi Nazionali, quello dei Sibillini e quello del Gran Sasso e Monti della Laga. Terre devastate dal 1997 fino agli ultimi eventi sismici del 2016-17, dove l’emergenza è passata, e tutto sta finendo nel dimenticatoio. Paesi arroccati sui monti, comunità custodi della terra, un ponte tra le città e la natura, comunità che stanno scomparendo, rinchiuse in soluzioni abitative d’emergenza o che scappano alla ricerca di un’altra vita. Giulia mi raccontava di quanto la vista delle macerie colpisce, fa male, mi raccontava della rassegnazione di chi si sente abbandonato. Mi raccontava anche di storie di Rinascita e Resistenza. Mi raccontava di quanto la presenza del camminatore fosse un grande gesto di solidarietà per quelle persone, che gli avrebbero fatto conoscere la vera umanità. Complice il vino, complice le storie della mia terra devastata dal bradisismo che i miei amici più grandi mi hanno sempre raccontato, è riuscita a convincermi. Sono stato un mese e Praga, resto due giorni a Napoli, il tempo di comprare l’attrezzatura, la guida del Cammino e di scaricare le tracce in Gps ed ho preso il treno per Fabriano. La prima tappa. 257 km e quattordici tappe mi separavano da L’Aquila, tenterò di raccontarle in questa rubrica che L’Iniziativa mi ha messo a disposizione.
PRIMA TAPPA – FABRIANO – MATELICA
Lunghezza: 25,2 km. Dislivello: salita 650 m, discesa 620 m.
Il tardo pomeriggio il treno arriva a Fabriano, dopo aver fatto un cambio a Roma. Fabriano è proprio bella, una passeggiata qui ti riporta indietro di qualche secolo. Viuzze, palazzi bianchi in pietra, fontane, palazzi nobiliari, strade pulite silenzio e tranquillità. E poi c’era una festa, è stato bello essere accolti da una festa. Nessuno sapeva che stavo partendo per il mio primo Cammino, ma ho comunque trovato una festa. Il Summer Food 2019, nella Piazza del Comune, dove ho mangiato la mia prima (di una lunga serie) porzione di olive all’ascolana, tra il Palazzo del Podestà e la Fontana Sturinalto. Dopo aver ritirato le Credenziali del Viandante (nome già fichissimo) ed una fantastica cena al bistrot “L’angoletto”, chiedo dove posso piantare la tenda: il Parco della Regina Margherita. Passo la notte nel parco pubblico, tra le chiacchiere dei ragazzi che si godono il venerdì sera. La mattina parto presto. Dovevo percorrere 25 km e non ne avevo mai percorsi così tanti, un po’ mi spaventavano ma era la mia prova. Per fortuna non avrei superato gli 800 m.. Mi è sempre piaciuto camminare per boschi, ho trasformato questo piacere in lavoro, ma nella mia terra i boschi sono piccoli e mi sono sempre chiesto se fossi in grado di fare di più. La mia meta era Matelica, sempre nelle Marche, la città natale di Enrico Fermi. Comincio a rendermi conto di non essermi preparato a dovere, avevo scaricato le tracce in gps, ma non la mappa per utilizzarle. Poco importa, la guida pubblicata da Terre di Mezzo è stata più che sufficiente. La prima tappa si presenta all’altezza delle aspettative: attraverso boschi, il Monastero di San Silvestro con la statua del Santo ed il lupo, campi di girasoli, panorami assurdi negli scorci tra gli alberi, attraverso strade contornate da monti che sembrano guardiani, guado il mio primo fiume e trovo le tracce del lupo, che ho imparato a riconoscere in Puglia qualche anno fa. Passo anche per Esanatoglia, un’antica rocca medievale dove si possono notare le tracce della tipica architettura dell’epoca: le case con tre porte, quella della vita, quella del matrimonio e quella della morte. Nel tardo pomeriggio arrivo a Matelica. Non sono ancora entrato nel vivo del Cammino, i segni del terremoto non sono ancora così evidenti, specialmente al di fuori del centro storico. Qui sosto al ristorante “Il Secondo Tempo”, dove comincio a scoprire di avere papille gustative sopite da 30 anni, e che i sapori di questa terra non fanno fatica ad attivare. Anche a Matelica pianto la tenda nel parco pubblico. Il viaggio vero e proprio sarebbe cominciato il giorno successivo, verso Camerino, ma ancora non lo sapevo.