“Un banchetto per l’eternità”, così il Parco archeologico ha salutato l’ultima scoperta archeologica presso gli scavi di Cuma. Si tratta, infatti, di una tomba eccezionalmente conservata e le cui pitture immortalano la scena di un banchetto, risalente alla fine del II sec. a.c.. La scoperta è il frutto di un lavoro che prosegue dal 2001 ad opera di Priscilla Munzi, ricercatrice del Centre Jean Bérard (CNRS – École française de Rome) e Jean-Pierre Brun, professore del Collège de France, che lavorano con la loro équipe per riportare alla luce l’antica necropoli cumana. Da diversi anni gli archeologi francesi conducono le loro ricerche nella zona situata immediatamente al di fuori di una delle porte principali delle fortificazioni settentrionali, dove, nel corso dei secoli, si è sviluppata una grande necropoli pluristratificata e afferente a diverse culture e civiltà. Lo scavo è stato realizzato grazie al sostegno finanziario del Ministère de l’Europe et des affaires étrangères, dell’École française de Rome e della Fondation du Collège de France. Le ricerche sono svolte nell’ambito di una concessione di scavo e ricerche del Ministero per i beni e le attività culturali e in collaborazione con il Parco archeologico dei Campi Flegrei.
LA SCOPERTA – Nel corso del II secolo a.C., il paesaggio funerario davanti alla Porta mediana è caratterizzato dalla presenza di diverse tombe a camera di tipo ipogeo, con volte a botte e facciata monumentale, costruite in blocchi squadrati di tufo. L’accesso alle tombe avveniva attraverso un lungo corridoio scavato nella terra (dromos), mentre la porta della camera funeraria era chiusa da un grande blocco di pietra. I monumenti erano destinati ad accogliere inumazioni plurime, deposte in cassoni o su letti funerari. La tipologia architettonica e i corredi mostrano l’alto livello sociale conseguito dai defunti.
Nel mese di giugno di quest’anno i ricercatori francesi hanno riportato alla luce una nuova tomba riferibile alla stessa tipologia architettonica, ma dall’eccezionale decorazione figurata: sulla lunetta in corrispondenza dell’ingresso della camera funeraria, sono ancora visibili, infatti, una figura maschile nuda stante che sorregge nella mano destra una brocca in argento (oinochoe) e nella sinistra un calice; ai lati del personaggio, sono rappresentati un tavolino (trapeza) e alcuni vasi di grandi dimensioni tra i quali un cratere a calice su supporto, una situla e un’anfora su treppiede. Sulle pareti laterali, s’intravedono verosimilmente scene di paesaggio. La decorazione è delimitata nella parte alta da un fregio floreale. L’intradosso della volta è giallo, mentre le pareti al disotto della cornice e i tre letti funerari sono dipinti di rosso. La qualità delle pitture è eccezionale. Purtroppo la tomba è stata più volte visitata e pochi sono gli elementi dei corredi recuperati, anche se sufficienti a confermarne la datazione.
L’IMPORTANZA STORICO-SCIENTIFICA – I temi rappresentati sulle pareti della tomba sono ritenuti dagli esperti poco consueti per questo periodo cronologico, più affini alla tradizione funeraria delle civiltà italiche dei secoli precedenti. Ciò offre nuovi e importanti spunti di riflessione per delineare e ricostruire l’evoluzione artistica della pittura parietale cumana. Ma non solo. Questa scoperta arricchisce il quadro già fornito da altre tombe ipogee, dello stesso periodo e dello stesso stile, ritrovate negli anni scorsi a pochi metri di distanza. In quel caso a colpire gli studiosi fu la presenza di iscrizioni in lingua osca accanto ad altre in lingua latina, riferibili alle famiglie sepolte. Ciò indica che la “romanizzazione” di Cuma è avvenuta in modo molto più graduale e lento di quanto si pensasse in passato. La città dei Campi Flegrei, infatti, divenne “civitas sine suffragio” nel 334 a.c., ma oltre 200 anni dopo esisteva ancora una influente classe dirigente di origine osca, ben ancorata alla sua cultura.
E’ un fatto rilevante che le scoperte più recenti vengano subito divulgate e rese pubbliche oltre il circuito strettamente accademico, incoraggiando un approccio critico e non statico verso la storia e l’archeologia e valorizzando la caratteristica del sito di Cuma come laboratorio di ricerca permanente in un’area che abbraccia quasi 2.500 anni di storia. «Il Parco Archeologico dei Campi Flegrei sostiene in forma sistematica la ricerca, con particolare riguardo a quella internazionale – ha commentato in tal senso il direttore del PaFleg, Paolo Giulierini che accolto entusiasta la scoperta – e considera il rapporto con il Centro Jean Bérard una collaborazione di altissimo profilo. La scoperta, che arricchirà il museo e il Parco, è in primo luogo fonte di grande progresso scientifico e storico»
Nella foto: un dettaglio dell’interno della camera funeraria