Tra gli scavi e le nuove scoperte di Cuma: aperta al pubblico la parte bassa in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio – FOTO

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FOTO DI STEFANO IOFFREDO

Una visita tra gli scavi di Cuma. E’ proprio il caso di dirlo: “tra gli scavi”, perché non capita tutti i giorni di avere la possibilità di accedere alla “parte bassa” della città, a quell’area dove sono in corso gli studi e le ricerche condotte dalle Università Federico II, L’Orientale e Istituto Jean Berard. Per essere ancora più precisi, capita una sola volta l’anno, nelle Giornate Europee del Patrimonio, il terzo fine settimana di settembre. Anche stavolta l’evento ha coinvolto il Parco di Cuma, seppure poco pubblicizzato e confermato sul sito del Ministero solo pochi giorni prima. A differenza delle passate edizioni, niente ingresso gratuito e pagamento del normale biglietto di 4 euro. Un insieme di fattori che non hanno favorito una più ampia partecipazione popolare e che non rendono pienamente onore al lavoro, alla passione e alla competenza dei tanti archeologi, dottori, ricercatori e studenti presenti sabato 19 mattina e pronti ad illustrare a visitatori e appassionati tutti gli aspetti e le novità rinvenute dalle campagne di scavo. Opportunità che si ripete domani (n.d.r. domenica 19), dalle 9.00 alle 13.00.

UNICITA’ DI CUMA E  NUOVE SCOPERTE – Senza retorica, Cuma si conferma un sito dalle caratteristiche uniche, predisposto a diventare attrattore e punta di diamante di un vero turismo culturale nei Campi Flegrei. E’ difficile trovare nel Mondo altre aree archeologiche che racchiudono nello spazio di pochi metri quadrati circa duemila anni di storia. Civiltà che sono seguite nei secoli, spesso integrandosi tra loro, mutando il modo di costruire, di pensare e di organizzazione sociale in relazione alle proprie esigenze; dalle comunità locali dell’Età del Ferro ai greci, dagli osco sanniti alla fase di romanizzazione repubblicana e imperiale, dai bizantini all’avvento del Cristianesimo. “Nel Foro si legge tutto” – ci dice una delle archeologhe della Federico II che ha seguito gli scavi, riferendosi alle evoluzioni e alle diverse fasi storiche, di splendore e decadenza. E sono proprio i ricercatori sul posto a suggerire a noi visitatori un approccio critico alla storia antica che sia basato sull’archeologia, vera e propria scienza materiale “soggetta inevitabilmente a nuove interpretazioni, capace spesso di ridimensionare o spazzare via le artificiose ricostruzioni tradizionalmente legate alle fonti e ad una schematica cultura accademica”. Esistono tuttora periodi che vanno approfonditi: come la fase tra la fine dell’VIII e l’inizio del VI a.c. che vede la “convivenza” o “coesistenza”, secondo equilibri e dinamiche ancora tutte da indagare, tra le popolazioni locali di cultura villanoviana e i primi mercanti e artigiani greci, testimoniata dalla presenza di “materiale ceramico indigeno di impasto con quello greco più raffinato”; oppure quella tra il II ed il I sec. a.c. quando le sepolture, onorate con offerte alimentari, mostrano segni di cultura osca ancora ben presente seppure in epoca già romana; infine tra il IV ed il V sec. d.c., periodo durante il quale l’area bassa si ritiene sia stata abitata, ma in un contesto di disgregazione sociale ancora poco chiaro, probabilmente legato ad un evento sismico del 348 d.c.

Interessantissimo inoltre il riferimento di quest’anno alla tematica del cibo, con la presenza di docenti della Sun che hanno illustrato come dalle analisi delle ossa degli antichi abitanti sia possibile ricostruire il loro tipo di alimentazione e, quindi, l’intero contesto economico-sociale delle civiltà passate.

UNA SFIDA CULTURALE E POLITICA – Si tratta di risultati importanti, raggiunti in un momento politico e istituzionale sicuramente non semplice. I fondi mancano, le campagne di scavo sono didattiche e condotte dalle Università, senza i giusti riconoscimenti economici per gli operatori. L’ultima campagna di scavi della Federico II si é conclusa il marzo scorso, l’Orientale concluderà questa stagione tra 3 settimane; i primi indagano sull’area del Foro, i secondi su un’area perimetrale abitativa. Gli archeologi dell’Istituto Jean Berard, che lavorano nella zona dedicata prevalentemente a Necropoli, sperano di riprendere la ricerca diretta il prossimo anno.

Ancor più forte, dunque, è la necessità di divulgare il più possibile le scoperte e rivendicare in un futuro prossimo l’apertura al pubblico della parte bassa di Cuma, sito già compromesso negli ultimi anni dal punto di vista della fruibilità, basti pensare alla chiusura del cosiddetto “antro della Sibilla” o al personale di vigilanza sensibilmente ridotto. Intanto, sarebbe già molto se cittadini, pezzi di “società civile”, autorità del mondo della scuola e della cultura e amministratori locali fossero più presenti a queste manifestazioni. Per imparare, per conoscere, e magari per acquisire piena consapevolezza del bene così prezioso che ha il territorio della Città flegrea: la sua storia.

 

 

Scritto da Dario Chiocca


Classe '78, è tra i fondatori de L'Iniziativa, di cui è presidente. Puteolano, è cresciuto nel quartiere di Monterusciello, dove risiede. Laureato in Giurisprudenza, impegnato da sempre sulle questioni sociali, anche nei movimenti studenteschi e nelle organizzazioni sindacali, dal 2010 è avvocato presso il Foro di Napoli e svolge la sua attività professionale nel campo nel diritto civile e del lavoro. In ambito di normativa del lavoro, si occupa inoltre di formazione.